Finalmente Pirandello e Deledda sono liberi, ma la Siae…
Al primo gennaio 2007 sono passati 70 anni da quel 1936 in cui morirono due tra i più bravi e famosi scrittori del ‘900 italiano: Luigi Pirandello e Grazia Deledda.
La legge italiana del 1942 impone che le opere di un’autore rimangano sotto diritto d’autore fino a 70 anni dopo la morte di questo., quindi da adesso in poi per la legge italiana costoro sono LIBERAMENTE pubblicabili da chiunque, fanno parte ormai del Pubblico dominio che è l’immenso bacino che sottrae la cultura da ogni scopo commerciale e restituisce ogni opera all’umanità per la più libera e completa fruizione.
Ma c’è qualcuno che non è d’accordo: la Siae, che tramite il suo studio legale ci fa sapere che dobbiamo aspettare ancora qualche anno per la scadenza dei diritti. E come mai?
I legali del Centro studi Siae nel proprio bollettino si appellano al cosiddetto accordo Trips del 1994, che ristabilisce parità di trattamento tra paesi vincitori e vinti della seconda guerra mondiale, per cui mentre i primi avevano da subito,potuto usufruire di un prolungamento dei diritti d’autore di 6 anni e 8 mesi (durata del conflitto), i secondi se ne possono giovare adesso quindi anche l’Italia sembra autorizzata a spostare di altri anni la “liberazione” del fu Mattia Pascal.
Pur se il Centro studi ritiene di poter applicare tale rinvio senza l’intervento di alcun organo legislativo o giudiziario, c’è chi non è affatto d’accordo con tale visione.
Questo è parte di un articolo di Marco Calvo (presidente di Liber liber, che abbiamo conosciuto lo scorso Linux day) di qualche giorno fa:
Dal 1 gennaio 2007 Luigi Pirandello è libero da copyright. Chiunque può rappresentarlo a teatro, stamparne le opere, creare nuove edizioni critiche. Migliori, più economiche o comunque diverse. Nuove edizioni che rendono più ricca e varia la produzione culturale. Tra non molto sarano “liberati” anche altri autori italiani: Grazia Deledda, Gabriele D’Annunzio, ecc.
Tutto ciò non deve piacere alla SIAE. In questi giorni, leggiamo che, secondo il suo Centro Studi, il copyright deve durare 6 anni e 8 mesi in più. Non possiamo sapere se queste conclusioni sono dovute a una ispirazione personale del presidente della SIAE, Giorgio Assumma, o se sono una risposta alle sollecitazioni delle grandi aziende editoriali (che – lo ricordiamo – negli ultimi anni hanno acquisito i diritti sulla quasi totalità delle produzioni culturali e artistiche).
…
L’aspetto più paradossale di questi provvedimenti è che vengono spacciati come una forma di tutela della cultura. Poche bugie sono fastidiose come quelle spudorate. Mantenere un’opera all’infinito sotto copyright vuol dire che solo il detentore dei diritti può divulgarla, può deciderne il prezzo, può stabilire chi ne fruisce e chi no.
E’ tutela della cultura e della libertà questa?
Questo è parte del comunicato che gli amministratori del sito del Partito pirata italiano hanno diffuso il 31 dicembre 2006:
Per stringenti motivi giuridici , il PP ritiene che l’accordo del 1994 sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al Commercio (TRIPS) non comporti modifiche all’art.25 della legge 22 aprile 1941 n.633 e successive modificazioni (durata del diritto di autore di 70 anni solari dalla sua morte ) e che il punto di vista della SIAE al di fuori della legge non costituisca di per sé fonte di diritto.
Pertanto il PP – che oltretutto ritiene eccessivo il periodo di 70 anni – prende l’iniziativa di pubblicare i testi di Grazia Deledda e di Luigi Pirandello, i cui diritti scadono oggi 31 dicembre 2006, come atto di impegno civile teso a dimostrare che la SIAE non può burocraticamente e autonomamente decidere un’ulteriore allungamento del periodo di tutela in violazione alla legge attualmente vigente.
Un parere approfondito e illuminante passa nella lista del PP il 28 dicembre 2006:
Gli assunti paiono infondati in più punti. Intanto, sia il Trattato di Pace che le Direttive Europee si sono tradotti in leggi italiane per volere del Parlamento mentre, per quanto mi risulta, così non è stato per il TRIPS (che sarebbe l’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio), almeno per le parti di nostro interesse. Comunque questo non è decisivo. Le cose decisive sono altre due.
La prima è che lo stesso TRIPS prevede che, perché l’accordo sulla proprietà intellettuale sia applicabile nei diversi stati, occorrerà che ogni stato ne dia applicazione legislativa e lo faccia in modo non più restrittivo di quanto in esso Accordo prescritto, in modo uguale per tutti gli paesi membri e in modo che gli aventi diritto di altri stati membri abbiano condizioni non meno favorevoli di quelle accordate agli aventi diritto del paese legiferante. E invece in Italia: a) le diverse occasioni di rimaneggiamento avvenute dopo il 1994 non hanno toccato la legge del 1942 nella questione durata; b) la legge del 1942 modificata non è , sulla durata , più restrittiva di quanto in genere pattuito; c) non sono gli autori italiani ad avere condizioni più favorevoli (il che violerebbe l’Accordo) bensì gli inglesi e i francesi (il che non viola l’Accordo). La seconda questione decisiva è che non rientrano nell’Accordo tutti i diritti conseguenti, in un Paese membro, da accordi internazionali o da leggi che non siano circoscritti alla proprietà intellettuale. E questo è proprio il caso dell’Italia a seguito del Trattato di Pace.
Liber liber ha reso disponibile sul proprio sito parecchie opere di Pirandello e Deledda in formato elettronico da scaricare.
Mio parere personale è che il fatto che gli eredi possano godere fino a 70 anni dopo il decesso del frutto del genio (o anche no) del proprio antenato, al giorno d’oggi sarebbe un po’ da rivedere, soprattutto pensando che i vantaggi maggiori da un successo editoriale (musicale etc) ce l’ha l’industria dell’editoria (musicale, dell’intrattenimento) e non certo l’autore stesso, ormai dotato di ben poco potere rispetto alle multinazionali che lo mettono sotto contratto.
Riflettiamo su questo fatto: alla velocità con cui oggi si consumano i prodotti, quanto può durare il successo di una singola opera? Quanto ci mette essa a racimolare il 90-95% del totale dei suoi incassi? 10 anni? 20? Una frazione infinitesima va oltre questo tempo, se si pensa alla gran quantità di opere che vengono pubblicati in tutto il mondo.
E’ giusto che l’autore se meritevole possa guadagnare e bene dal suo lavoro, ma secondo me è meno giusto che le case editrici tengano rinchiuse nei loro cassetti la maggior parte delle opere, non ristampandole solo per il fatto che non renderebbero abbastanza, privando così il mondo di un bene culturale sempre più grande.
Tuttavia la battaglia per i diritti d’autore è sempre più aspra e se da una parte le industrie vogliono che il limite temporale venga aumentato (eclatante negli Stati uniti il caso del Sonny Bono Copyright Act) dall’altra ci sono associazioni e movimenti come Liber liber, Creative commons, FSF, Partito pirata, Scambio etico che s’impegnano per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo e chiedere un adattamento del tempo di protezione dell’opera, un suo ridimensionamento in chiave moderna contro la fredda logica di mercato e di profitto che sempre più domina qualsiasi scena a livello mondiale.
E’ una battaglia improba e forse utopistica a fronte di una Comunità europea ancora scarsamente ricettiva in materia, ma non per questo non va combattuta, se non altro per arginare la fame di super-guadagno delle multinazionali.
PS lo sapevate che Space invaders, il mitico videogioco pietra miliare di 20 anni fa, fu pubblicato senza copyright? 🙂
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